La Gatta Sul Tetto

21 novembre 2007

attraverso lo specchio

Filed under: Blog Notes — lagattasultetto @ 3:37 PM
 
ieri mattina sono uscita per una riunione (durata fino a tarda ora, ahimè, ero distrutta la sera) fuori ufficio.
di solito al alvoro sono vestita in maniera piuttosto formale, sia perchè ritengo che in ufficio ci si debba dare un contegno, a cominciare dall’abbigliamento, sia perchè per la mia giovane (ehm ehm ) età e per il mio (ehm ehm  ) aspetto giovanile, se venissi in jeans e maglietta mi darebbero i pastelli e l’abum da colorare…
e poi è tanto piu’ semplice al mattino acchiappare un tailleur già bello e pronto, piuttosto che lambiccarsi il cervello sul "che cosa mi metto stamattina?" e perder tempo ad abbinare i colori e i materiali.
 
ieri dunque , dovendo andare dal cliente, e dovendo quindi dare non tanto di me, quanto dell’azienda che rappresento, un’immagine seria e professionale, a maggior ragione ero molto formale.
tailleur marrone, scarpa alta, borsa seria senza pupazzetti, the bridge nera da lavoro (alla quale però è arraccata una giraffina con campanellino…), piumino nero, sciarpa viola (un minimo di colore), gioielli in tinta, capelli legati, trucco leggero (non che normalmente sia truccata pesantemente, però ieri ero truccata per avere un colorito meno cadaverico)…
 
mi sono data un’occhiata nel grande specchio all’ingresso…ero decisamente credibile, sembravo proprio una che va a lavorare.
niente da dire, se non che…quella nello specchio, pur essendo io, proprio io, non la riconoscevo.
insomma, erano miei i vestiti, li avevo scelti io secondo il mio gusto e il mio stile, ma per un attimo ho avuto come una visione di qualcuno di diverso che mi sorrideva da dietro allo specchio, una persona che per altro mi somigliava pochissimo…
 
è stato un istante, mentre controllavo che tutto fosse a posto, ma nel tragitto da casa fino al garage ho avuto la stranissima sensazione di camminare nel corpo di un’altra, di vivere la vita di un’altra…
e la mia? che fine aveva fatto?
o meglio, che fine avevo fatto "io"?
 
è tutto abbastanza confuso, ma ho avuto per la sensazione di vivere una vita non mia, di fare cose che non mi appartengono, di aver perso di vista invece ciò che sono e che mi dovrebbe appartenere.
 
come mi vestirei se fossi "io"? che cosa farei?
 
non ho risposte, anche perchè quella "dottoressa che va in ufficio" che ieri mattina si specchiava nel mio ingresso con tutta probabilità ero proprio io, mentre indossavo la maschera da "dottoressa che va in ufficio".
 
quando apro il mio armadio per decidere che cosa mettere prima di uscire, mi rendo conto che scelgo l’abito in base al personaggio che devo interpretare, come se, invece che nell’armadio, stessi frugando fra i costumi di scena.
 
e allora non so se esista veramente "me stessa" o se questa "me stessa" altro non sia che una somma di personaggi tutti così diversi: quella dell’ufficio, quella degli amici, quella dei parenti, quella del tango, quella della piscina, quella che va a fare la spesa e così via.
un minimo comun denominatore a tutte queste "gatte" c’è, è indubbio.
siamo tutte la stessa persona.
 
ma forse a volte una di loro ha voglia di un po’ di indipendenza dalle altre…e mi sorride da dietro uno specchio nel quale la guardo passare mentre va al lavoro.
 
 

13 novembre 2007

metti una sera a cena

Filed under: Blog Notes — lagattasultetto @ 3:14 PM
Metti una sera a cena.
metti di aver organizzato una serata con persone che conosci de visu, altre solo di penna, pardon, tastiera.
metti che i tuoi ospiti non siano romani, ma si trovino per caso a roma quella sera.
metti di aver esteso l’invito anche ad altre persone, che però prima hanno un altro impegno, ma che vi raggiungeranno, appena gli farete sapere dove siete.
metti che anche tuo marito abbia un impegno prima e che aspetti di sapere dove siete per raggiungervi.
metti che hai dato l’appuntamento in campo dei fiori alle otto, per poi decidere dove andare.
 
insomma, una di quelle serate normali e moderne, nelle quali si mette mano mille volte al cellulare
"sto arrivando"
"c’è traffico"
"sono già qui, vi aspetto in libreria"
"sto cercando parcheggio/apesttando tizio"
"sono ancora in ufficio vi raggiungo dopo, iniziate senza di me"
"sono qui, voi dove siete?"
 
in una serata come questa, alla quale non manca nemmeno un po’ di pioggia per renderla perfetta, esco dall’ufficio di corsa, perchè mi accorgo che si fa tardi.
sono ancora in tenuta di ordinanza, tailleur nero, scarpe altre, the bridge nera (che domattina devo andare dal cliente senza passare prima dall’ufficio e mi devo portare dei documenti, altrimenti l’avrei lasciata tranquillamente nell’armadio).
quando ero piu’ piccola, quando andavo all’università, trovavo "figo" questo uscire direttamente dal lavoro, ancora vestiti da ufficio, le donne formali in contesti informali, ma eleganti e ancora un po’ truccate anche se con l’aria stanca, gli uomini con l’abito, magari la cravatta un po’ allentata.
ora, che molto spesso capita anche a me, lo trovo meno bello, anzi anche triste.
si esce direttamente per una serata fra amici senza nemmeno avere il tempo di passare da casa per cambiarsi d’abito. si esce con addosso i vestiti e i pensieri della giornata, senza riuscire a toglierseli di dosso, nè gli uni nè gli altri.
 
proprio come sto facendo io, che spengo in fretta in computer, raccolgo le mie cose, faccio l’appello dei documenti che devo portarmi via per la riunione di domattina, metto la giacca, scelgo nell’ipod la musica che deve accompagnarmi per il breve viaggio, spengo la luce, saluto tutti e me ne vado di corsa.
inforco il mio fidato motorino tutta ben intabarrata nella giacca diluvio, panta diluvio, guanti e soprascarpe, e mi avventuro sotto la pioggia: destinazione centro di roma, facendo slalom fra le buche vecchie e quelle nuove che la pioggia ha creato, tenendo spalancati gli occhi della testa e quelli della mente, per vedere le azioni e le intenzioni degli atri automobilisti i quali, nervosi e arrabbiati, percorrono la mia stessa strada.
le gocce disegnano sulla visiera del casco paesaggi da macchiaoli, mentre le luci della strada e delle macchine tracciano linee astratte sul parabrezza.
 
mentre dunque guido per le strade insaponate, cercando di sporgermi fuori dal parabrezza e di noncadere al tempo stesso, ripercorro mentalmente i miei utlimi movimenti prima di uscire.
ho fatto tutto….tutto?
si, mi pare di si… pc spento, documenti presi, badge…però non riesco a ricordare il momento nel quale ho infilato il telefono in una borsa.
ma forse mi sbaglio…e non vedo l’ora di arrivare, non solo perchè non amo far aspettare gli altri, soprattutto quando sono la padrona di casa, ma anche per vedere se ho preso il telefono con me.
ecco, arrivo, trovo un parcheggio ( in questa cità quando piove non si trova parcheggio nemmeno per il motorino!) e, saltando sui tacchi per evitare buche, sampietrini sconnessi e pozzanghere, mi piazzo sotto al monumeto a giordano bruno.
apro le borse e comincio a cercare il telefono, che, ovviamente, da un’approfondita analisi, risulta assente.
 
bene…e adesso?
si, perchè è vero che ora arriveranno gli altri che il teelfono ce l’hanno, ma è anche vero che…i numeri che dovrei chiamare sono solo nel telefono rimasto in ufficio!
compreso quello di mio marito, che di telefoni ne ha due, uno privato e uno di lavoro.
io a memoria so solo il primo, mentre l’altro lo faccio sempre premendo il tasto con il suo nome. so che finisce con 230, ma è decisamente poco…
e so che lui stasera ha con se’ solo quello di lavoro, perchè dell’altro ha perso il caricabatteria….
 
sempre meglio…
trovo in fondo alla the bridge un vecchio telefono ormai senza ricarica, ma almeno posso trovare il numero del amrito nella rubrica, insieme a numeri di persone ormai perse di vista da anni (oddio….ma guarda di chi ho ancora il numero!!!)
basta aspettare che arrivino i miei amici e chiedere di usare il loro numero.
ma si fanno le otto e un quarto, e mezza, e tre quarti, le nove e non si vede nessuno.
è vero, il traffico, è vero, piove, è vero, il parcheggio, ma…
e se mi stessero chiamando (inutilmente) per dirmi che hanno bucato/gli hanno rubato la macchina/hanno la febbre a 40/si sono consultati e hanno deciso di aver meglio da fare che vedere me?
come possono comunicare con me che sono senza telefono?
che faccio?
torno in ufficio?
quaranta minuti per andare e quaranta per tornare…no, rischio di lasciarli qui sotto la pioggia un’altra ora e mezza….
aspetto? si, ma fino a quando?
 
ma per fortuna ho con me l’agenda! e nell’agenda ho il numero di casa di un’amica che stasera non poteva venire, ma che dovrebbe (spero) avere il cellulare di una delle persone che mi stanno (spero) raggiungendo.
mollo allora la mia posizione di attesa e vado dal tabacchino
"esistono ancora le tessere telefoniche?" chiedo, perchè saranno dieci anni che non ne uso piu’ una.
si, esistono, me ne danno anzi una con l’Arma dei carabinieri sopra, e pare funzionino come ai miei tempi…si taglia ancora l’angolino in alto.
ne prendo una da 3 euro e scopro che una cosa è cambiata ed è il costo delle chiamate che è decisamente aumentato (accidenti, con la scheda da 10.000 lire si chiamava il fidanzato in un’altra città per giorni e giorni!).
chiamo comunque la mia amica, le spiego la situazione e, con una triangolazione di "chiama che ti richiamo" scopro che gli amici stanno arrivando, in ritardo per una serie di motivi legati al traffico e a strade sbagliate, ma stanno arrivando…
e anzi, proprio mentre parlo al telefono, lis corgo che scrutano la piazza alla mia ricerca.
così riesco a chiamare il marito, ma non le altre persone, le cui chiamate e messaggi troverò il giorno dopo nel mio telefono (che l’amica ha provveduto a far recuperare in ufficio e mettere al sicuro).
 
insomma, tutto è bene quel che finisce (piu’ o meno) bene….
 
ma mi domando (e mi ridomando ogni volta che mi scordo il telefono a casa o in ufficio, da ultimo ieri sera, cosa che – chissà perchè – mi capita sempre piu’ spesso …come facevamo a darci appuntamento la sera prima dell’era dei cellulari?
 
 
 
 
 

8 ottobre 2007

de elegantia

Filed under: Blog Notes — lagattasultetto @ 11:14 am

 
finito il lungo viaggio in africa, mentre si fa andare la lavatrice piena di panni polverosi, si riparte con il viaggio nel quotidiano…
 
"vèstiti in modo non impeccabile e noteranno il vestito, vèstiti impeccabilmente e noteranno la donna"

, diceva coco chanel e forse potremmo darle retta.

 
 
qualcuno saprà già della coppia di greci in viaggio di nozze in italia….
roma ("grande città!"), firenze (dalla mattina alla sera, ma "roma è piu’ bella, perchè a firenze pioveva") e infine venezia ("un sogno").
ignorano che cosa sia il colosseo, non vogliono entrare in nessun museo, vanno in giro per il centro di roma con interesse per i neogzi e si sono spinti però fino a san pietro…
li abbiamo portati a trastevere l’altro giorno, facendogli scoprire un quartiere (pochi negozi griffati, poco interesse) del quale ignoravano l’esistenza.
non sono sicura che questa esperienza gli sia sembrata utile da fare, ma tant’è….
 
ci siamo fermati in un bar per un caffè e antonio ha chiesto a lui come trovasse le donne italiane.
"belle…" ha risposto esitando un po’ "ma…non si sanno proprio vestire bene"
spalancando gli occhi, mentre decenni di moda italiana ci sfilava davanti sotto gli occhi invidiosi di tutto il mondo, incuriositi, dato che una tappa fondamentale del viaggio in italia per loro sembrano essere i negozi di abbigliamento e le griffe italiane, gli abbiamo chiesto come deve essere vestita una donna per essere elegante.
 
"beh…" comincia "molto trucco….gonna corta [e fa il segno praticamente di una maxi cintura]…stivali con i tacchi alti e…[con le mani indica un semicerchio all’altezza del petto]…molto scollata"
 
per la cronaca e per vostra informazione il mio abbigliamento mentre si svolgeva questa conversazione era il seguente:
maglietta blu scuro a righe bianche con scollo a barchetta (per i meno informati lo scollo a barchetta è la cosa che piu’ si avvicina al collo alto…praticamente la maglietta è tagliata sotto al collo), pantaloni chiari larghi, mocassini bassissimi. trucco zero (solo burro di cacao e poco rimmel)
in buona sostanza, sono proprio messa male!
 
arrosisco e mi giustifico dicendo che nel pomeriggio devo andare a un funerale…
…e intanto penso che di donne molto eleganti l’amico greco ne può trovare moltissime….fra la tiburtina e la salaria dopo una cert’ora…
 

2 agosto 2007

fenomenologia dell’ascensore

Filed under: Blog Notes — lagattasultetto @ 2:18 PM
 
me lo sono sempre domandato, ogni volta che salgo in ascensore.
che cosa scatta nelle persone appena si chiudono quelle porte e la cabina comincia a salire?
che cosa passa per la testa delle persone che tirano fuori matite, pennarelli, coltellini o chissà che attrezzi per incidere frasi, disegnare….beh, varie cose….sulle pareti degli ascensori?
 
quando andavo al liceo nel palazzo della mia amica F. abitava anche un nostro compagno di classe, quindi l’ascensore era frequentato dai nostri compagni (maschi)…nessuna meraviglia che le pareti del suo ascensore inneggiasero alla…presunta libertà di costumi di questa o quella professoressa (chiamata con cognome accorciato o con…soprannome….) o al presunto orientamento sessuale dei professori (uomini).
nessuna meraviglia, dicevo, avevamo dai 13 ai 18 anni….
ragazzi….
 
non mi meraviglio neppure quando leggo forza lazio/roma/juve sulle pareti dell’ascensore di casa mia…nella scala vivono un paio di ragazzi, alcuni amici li vengono a trovare…
anzi, devo dire che, nonostante le pareti bianche invitino alla letteratura da ascensore, si registrano un paio di manifestazioni di tifo calcistico, vergate a mano leggera al piano terra e nulla piu’….
 
ma quando prendo l’ascensore nella mia azienda, che pure vedo popolata di seri professionisti, stimati ingengeri e capacissimi tecnici, e vedo opere di arte muraria dedicate al dio priapo, svastiche, parolacce, inni calcistici, beh, un po’ mi stupisco sempre.
 
e lì mi domando che cosa succeda nelle menti delle persone quando premono il tasto del piano desiderato, quando le porte si chiudono, quando sentono il rumore del motore della cabina che si aziona.
quando restano soli con quattro pareti e i loro pensieri.
 
mi domando se sia un impulso estemporaneo, se scrivano con le chiavi che per caso hanno in tasca parole uscite di getto, oppure se salgano in ascensore spinti da un desiderio irrefrenabile di esprimersi, muniti già di strumenti di scrittura e con in testa parole e slogan che urlano di essere liberati dalle loro teste per diventare patrimonio comune dell’umanità.
 
me lo domando, davvero, ogni volta che salgo in ascensore e scruto le pareti alla ricerca di qualcosa da leggere per ingannare l’attesa, qualcosa che non sia la portata massima (in kg e persone) e le istruzioni in caso di blocco.
e qualcosa, credetemi, su ogni ascensore, lo trovo sempre.
 
  
 
 
 
 

13 giugno 2007

shuttle bus

Filed under: Blog Notes — lagattasultetto @ 3:01 PM
stamattina ero imbottigliata nel traffico della cristoforo colombo, che andavo a un appuntamento di lavoro.
la strada era percorsa da un lungo serpente di macchine.
dentro ogni macchina una persona, quasi nessuno sorrideva, tutti arrabbiati, nervosi, pronti a urlare a chiunque invadesse lo spazio vitale, pronti a suonare se, allo scattare del semaforo verde, quelli davanti non scomparivano rapidamente.
mi facevo largo a fatica con il mio motorino, facendo attenzione che qualche nervoso non cambiasse repentinamente di corsia travolgendomi, e intanto osservavo (non ci sono molte altre cose che si possano fare in motorino nel traffico…ascoltare musica e guardare gli altri)
 
a un certo punto ho visto un pezzo di quel serpente un po’ diverso dagli altri.
già per le dimensioni…era piu’ alto, piu’ largo…e poi in qualche modo non emanava negatività.
"strano" ho pensato, fino a quando mi sono avvicinata e non ho letto sulla fiancata "shuttle bus – hotels in rome – fiumincino airport"
e allora ho guardato all’interno e ho visto che quel furgoncino non conteneva lavoratori arrabbiati, ma turisti, presumibilmente appena sbarcati a roma!
si guardavano intorno dal finestrino, gli occhi ancora assonnati, magari sotto effetto del jet lag, le valigie ammonticchiate dietro.
guardavano fuori quel serpente di macchine snodarsi a scatti nervosi lungo la strada. guardavano strade che non avevano mai visto, posti che non riconoscevano, probabilmente non sapevano nemmeno dove si trovavano, non immaginavano che stavano per vedere il circo massimo o il colosseo fuori dal loro finestrino.
avevano fretta di arrivare in albergo, darsi una rinfrescata, mettere un paio di scarpe comode, e correre fuori, a cercare quella roma che avevano immaginato da chissà quanto tempo.
 
io me li sono immaginati così, mentre la città gli prendeva forma sotto agli occhi, mentre dall’autostrada entravano in città alla luce forte del mattino.
mi sono vista al loro posto, quando arrivo in un paese nuovo, in una città che non conosco.
mi sono vista sulla strada che dall’aeroporto porta in città….sono un po’ tutte uguali, grandi circondate dalla campagna, i cartelloni pubblicitari ai lati, le altre macchine che sfrecciano di lato, un’aria diversa, una temperatura diversa.
mi sono vista quando arrivo e realizzo che sono arrivata – si si, sono proprio lì – e immagino il planisfero e un dito che indica "io sono qui!", piccola piccola in un posto così lontano.
l’arrivo è uno dei momenti piu’ belli di un viaggio, c’è il sollievo per essere arrivati, scesi dalle scomode poltrone dell’aereo, la curiosità per un posto nuovo, la voglia di correre subito a scoprirlo e al tempo stesso un po’ di paura per un ambiente che non conosciamo e che ancora non sappiamo se ci sarà amico o nemico.
 
oggi per quei turisti, che ormai saranno già distrutti dal caldo (fa caldo davvero a roma oggi!), staranno mangiando una pizza con cappuccino in qualche improbabile ristorante del centro, avranno già fatto cento fotografie, io facevo parte del paesaggio…ero una persona che vive a roma e che va a lavorare, con il mio tailleur crema, le scarpe con il tacco, la valigetta da lavoro e l’aria dis apere esattamente dove stavo andando.
ero quelle persone che, da viaggiatrice, guardo e scruto, quelli che vivono lì, ai quali per un momento vorrei somigliare, smettendo per un po’ i panni della turista, scambiando magari la mia macchina fotogtrafica e la mia guida con le loro valigette, quelli che la mattina vanno di fretta, che mi chiedo che lavoro facciano, dove vivano, che cosa mangino a pranzo e con chi, magari parlando degli immancabili problemi di lavoro.
stamattina per quei turisti, che mi guardavano senza vedermi, ero parte del paesaggio, della fauna locale, ero il motore della città nella quale erano appena arrivati.
ero un pezzo di roma, proprio come il colosseo, anche se non mi scatteranno mai cento fotografie….
 
 
 

11 giugno 2007

il sale in….tasca

Filed under: Blog Notes — lagattasultetto @ 6:08 PM
 
non sono superstiziosa (sono del nord!!! che diamine, e secondo alcuni sono fredda, gelida e razionale come il signor spock!), anche se ho i miei gesti scaramantici (chi non ne ha alzi la mano….chi alza la mano è bugiardo!), i miei oggetti "portafortuna" (v. sopra), che poi sono quelli regalati da persone che mi vogliono bene in occasioni particolari (ci vuole una serie di condizioni per caricare posivamente un oggetto…)…
non sono superstiziosa perchè non credo che qualcosa possa portare male….a maggior ragione non credo che qualcuno possa portare male.
la mia è una considerazione razionale.
 
se qualcuno potesse portare male a qualcun altro, vuol dire che quel qualcun altro avrebbe il medesimo potere…e potrebbe quindi anche annullare il maleficio…
-1+1=0
insomma, non vedo perchè il portar male dovrebbe essere piu’ forte del portar bene….(si, forse sono un po’ razionale..)
 
credo però che, come ci sono persone decisamente positive, quelle che fanno star bene quando si incontrano, che ti mettono a tuo agio, che hanno in buona sostanza un’influenza positiva, ci siano persone negative, che hanno l’effetto opposto.
sono persone che, per i piu’ disparati motivi, hanno verso la vita e gli altri un atteggiamento negativo, diffidente, sospettoso, che vedono ovunque il male.
persone per le quali anche una parola gentile cela un’intenzione malevola, persone che non fanno nulla se non gliene viene qualcosa in cambio e che pertanto non sono in grado di apprezzare una gentilezza, perchè in un gesto carino vedono un obbligo dal quale sdebitarsi…persone che non dicono mai "grazie", perchè non dover essere debitori.
persone per le quali, se qualcosa può andar male….è già andata peggio.
 
ancora una volta non credo che persone di questo tipo possano portar male, magari a se stesse (la profezia che si autoavvera…), ma non agli altri.
però sono convinta che possano creare un aura di negatività, che tutto il loro mal pensare possa creare un ambiente negativo, che può influenzare anche chi negativo non è.
 
recentemente mi è capitato di incontrare una persona negativa….ne parlavo l’altro giorno con un’amica, le raccontavo di come questa persona vedesse sempre il mondo con pesanti occhali neri, di come attorno a lei ci fosse come una spessa coltre di negatività opprimente e di come quella nube in qualche modo, anche senza che lei se ne rendesse conto o lo volesse, e senza che me ne rendessi conto io, mi avesse circondata….
come se, incrociandola nel mio cammino, mi avesse soffiato addosso un (bel) po’ di negatività, che mi faceva sentire un senso di disagio, di pesantezza…
un po’ come quando si ha un paio di scarpe strette, un abito che tira da qualche parte….avete presente? si ha una generica sensazione di fastidio, anche se all’inizio non si capisce bene da dove arrivi…si capisce che qualcosa non va, ma non si riesce a capire che cosa.
 
"mettiti del sale grosso in tasca" mi ha consigliato la mia amica ridendo "sai, al massimo non fa niente….però…"
 
non ci ho fatto caso e non sapevo nemmeno che il sale portasse bene….però la mattina dopo, mentre mi preparavo per uscire, sono passata davanti al barattolo del sale.
ho alzato lo sguardo ed era come se in quel momento vedessi solo quello….tutto intorno aveva i contorni sfocati e solo il barattolo trasparente e il suo contenuto fossero invece retroilluminati….
mi sono guardata intorno…solo i gatti per testimoni…allora – zac! -rapida e furtiva, mi sono infilata un pizzico di sale in tasca…
 
non lo so se è merito del sale, o del fatto che il consiglio derivasse da una persona decisamente positiva come attitudine (-1+1=0, appunto), però…volete sapere?
la mattina stessa, mentre mi aggiravo con il sale in tasca, una situazione che sembrava lontana dal risolversi, ha mostrato che forse all’orizzonte c’è un po’ di luce….
 
continuo a non credere alle persone che portano male, ma credo a quelle che portano bene….
ma il sale in tasca l’ho messo di nuovo….
si potrà dire che magari non ho molto sale in zucca, ma di certo ce l’ho in tasca!
 
insomma, "non è vero, ma ci credo!"…non si sa mai
 

29 Maggio 2007

la decima musa

Filed under: Blog Notes — lagattasultetto @ 7:09 PM
è un periodo che non riesco ad ascoltare un album per intero…
 
ho da quasi sei mesi un nuovo iPod, dopo che il mio mini rosa si sfracellò sulla strada (o fu rubato insieme al mio palmare, francamente propendo per questa seconda ipotesi…)…nel mio defunto iPod avevo 6 GB di musica che stava lì da anni…
gli album andavano e venivano, e quando andavano restava magari una, due canzoni….restavano quelle segnate con le 5 stelle
, nella playlist "cinquestelle", c’erano quelle che mi contorcono lo stomaco nella playlist "arrovellabudella", c’erano quelle per correre, quelle per andare e tornare dall’uffficio (la prima metà brani "tonificanti" per andare al lavoro, la seconda brani rilassanti per tornare a casa)
poi c’erano gli evergreen, album interi che non toglievo mai, perchè erano quelli che avevo voglia di sentire sempre, anche quando non avevo voglia di sentire nulla….la platinum collection di mina, rino gaetano, gli stadio, ben harper, norah jones e altri…
 
sul nuovo iPod, invece, nonostante siano passati quasi sei mesi, non ho ancora fatto una playlist.
quasi non so che cosa c’è dentro, ma, ogni volta che voglio mettere ordine, non so mai che cosa togliere!
arrivo lì armata di buoni propositi…e mi manca il coraggio di togliere ligabue, o quell’album che avevo scordato di avere ma che ho sentito ancora poche volte per sapere se mi piace o no, e anche quell’altro che è lì da tanto tempo, ma ci sono affezionata…in buona sostanza 4 GB di musica mi sembrano pochi!
 
così finisco per affidarmi al caso e mettere i brani casuali, giocando a indovinare che brano è dalle prime note….
 
e pensare che una volta andavo in giro con le cassette….ma ricordo che anche lì, per scegliere la cassetta mi ci voleva del tempo…avevo persino alcune cassette "stagionali", ossia che ascoltavo "solo" in inverno o nella bella stagione ("The Concert in Central Park" di Simon & Garfunkel era, per esempio, una cassetta da primavera….forse perchè la prima volta l’avevo sentita in primavera…), altre "da giorno" o "da sera" (ma questo lo penso tutt’ora….ci sono musiche che si devono sentire di giorno e altre di sera), alcune da spiaggia e altre da cameretta….
 
ma non ho mai pensato che una cassetta fosse "poco"…(certo, poi scegliere le cassette da protare in vacanza era un altro paio di maniche...)
ultimamente invece non riesco a trovare l’ispirazione per aggregare le canzoni fra loro, mi sfugge un filo conduttore, un argomento, non mi vengono idee…una sorta di blocco dell’utilizzatore….mi lascio trasportare dal caso e mi ritrovo con un languido tango seguito da un pezzo degli iron maiden e subito dopo rosana che canta a fuego lento….
 
ora mi capita con la musica, ma qualche volta mi capita anche con i libri….mi sento svogliata, ne inizio mille e nessuno tocca le mie corde. magari mi piace, mi interessa la storia, mi affascina lo stile, ma…non riesce ad emozionarmi…
e se non c’è emozione l’interesse cala presto.
 
e io che pensavo che l’ispirazione servisse solo per comporre, per creare qualche cosa, una musica, una poesia, un racconto, un quadro…
invece, evidentemente, ci mettiamo un che di creativo e artistico anche nelle vesti di fruitori dell’arte.
evidentemente si deve essere ispirati anche per ricevere arte, sia essa musica, letteratura, pittura….
 
ci sarà una musa, la decima e sconosciuta, anche per chi dell’arte è destinatario…..
 

25 Maggio 2007

rileggere prima di consegnare…

Filed under: Blog Notes — lagattasultetto @ 6:34 PM
 
"prima di consegnare, rileggete il tema!!!"
diceva sempre la professoressa di italiano al liceo, consiglio al quale si dava scarsa retta, nella fretta di consegnare, nell’ansia della correzione dell’ultimo minuto, del suggerimento del compagno dall’ultima fila…e magari qualche strafalcione saltava fuori.
 
ci dovremmo ricordare dei buoni consigli ora che tutti scriviamo di tutto via mail, ora che un inoltra potrebbe diventare per errore un rispondi a tutti, o un completamento automatico di un nome un errore irreparabile.
ora che il non rileggere quello che scriviamo potrebbe non solo portarci a una cattiva valutazione, ma a guai ben piu’ grossi.
già, perchè basta un click a mandare in frantumi una credibilità, a rivelare i nostri veri pensieri o chissà che altro.
 
 
si va da gusti e orientamenti sessuali inavvertitamente rivelati a tutti i colleghi, ai veri sentimenti e alle intenzioni del nostro capo nei nostri confronti, attraverso i piu’ banali sbagli di destinatario (mandare una mail alla propria amante o alla propria moglie può essere mooootlo pericoloso) e via di seguito.
 
per fare un esempio personale di come sia facile caderci, ricordo un episodio che mi è capitato qualche anno fa.
ricevo una mail di lavoro, nella quale mi si chiedevano delle cose che non mi erano molto chiare…
"ma che cosa vuole questo cretino?" scrivo, con l’intenzione di inoltrare le domande al mio capo….
poi ci ripenso…allora cancello tutto e lo sostituisco con un punto interrogativo….
?
invio….e mentre invio vedo che invece di "inoltra" avevo premuto "rispondi"….e che per fortuna il mio angelo custode mi aveva fatto cambiare il testo all’ultimo momento….
 
 

e non sono solo questi i pericoli…
l’email dopotutto altro non è che parola scritta, con tutti i rischi che comporta.
allo scritto mancano supporti quali l’espressione del viso, l’intonazione della voce, la mimica…
e quindi è piu’ facile essere fraintesi da chi ci legge, è difficile far passare le sfumature che si vogliono dare a una frase.
lo è in un testo preparato, a maggior ragione lo sarà in un testo scritto di getto, che ha in buona sostanza, nella nostra mente, lo stesso valore di un discorso a voce.
usiamo così tanto e così spesso l’email anche da una stanza all’altra, anche da una scrivania all’altra della stessa stanza, che spesso ci scordiamo che in ogni caso si tratta di parole scritte, che quindi possono essere soggette a interpretazione da chi le riceve.
scrivere "sei proprio un cretino!" e "sei proprio un cretino " sono due cose profondamente diverse.
 
ricorriamo quindi alle emoticon, per esprimere degli stati emotivi, appunto, che la parola scritta non riesce a rendere.
ma magari il nostro interlocutore in quei segni vede semplicemente  ; – ), ossia nulla, non una faccina che strizza l’occhio…
poco importa che quello è linguaggio comune, ma al mio capo non manderei mai una faccina per dirgli che scherzo quando gli scrivo che è cretino….
non glielo scriverei mai e basta, non si sa mai….vagli a spiegare che scherzavo, mentre scrive la mia lettera di licenziamento….e non ci mette nemmeno una faccina dispiaciuta !
 
rileggiamo prima di scrivere una mail, un sms….e facciamo attenzione……è così difficile capirsi!
 
 
 
 

24 Maggio 2007

pranzo dai nonni

Filed under: Blog Notes — lagattasultetto @ 11:37 am
ho esaurito la mia dotazione naturale di nonni da qualche anno.
i nonni in buona sostanza non li ho mai avuti.
quello materno morì durante la guerra, che mia madre aveva 3 anni, quello paterno morì che io avevo un anno e mezzo e mio fratello tre mesi…stava male da un po’ e probabilemnte non si rendeva conto che mio fratello ed io eravamo due bambini diversi….
ed è un peccato, perchè tutti mi raccontano che adorava i bambini (i figli dei vicini un po’ piu’ grandi ancora lo ricordano….anni fa una ragazza si sposò e volle portare a casa nuova lo sgabello che le aveva regalato il sciur pippu quando era piccola)
mia nonna raccontava però che, sebbene fossi così piccola, quando morì io mi aggiravo per casa cercandolo e dicendo "nonno pu’…nonno pu’…" il nonno non c’è piu’….
 
le mie nonne, due personaggi totalmente agli antipodi tra loro (una disordinatissima e assolutamente sconclusionata, l’altra – svizzera di anagrafe e di fatto – precisa, metodica, ordinata al limite del maniacale), sono invece morte da una decina di anni.
ci sarebbe da scrivere di loro non solo un post, ma un libro intero….come per tutte le persone che hanno avuto una vita lunga del resto….
 
le loro case, per me che non ho avuto nè la casa il luogo dell’infanzia, sono legate a tutti i miei ricordi da bambina, sono il fil rouge che scorre immutato nel film dei miei ricordi.
 
oggi, in mancanza di nonni naturali, mi sono appropriata dei nonni di mio marito (che ne ha ancora 3 su 4!!!!).
 
una cosa osservavo, parlando anche con altri fortunati possessori di nonni, è l’approccio verso il cibo.
per una delle mie nonne dire "come sei ingrassata!" era un complimento…per chi aveva fatto la guerra da sfollata, rifugiata sulle montagne sotto i bombardamenti, nascosta nelle grotte con due bambini piccoli.
vi lascio immaginare come mi sentissi io invece a sentirmi dire che ero ingrassata a 14-15 anni!!!! altro che compliemnto, una tragedia!
 
comune a tutti i nonni è il desiderio di far felici i nipoti…e quale modo migliore se non…nutrendoli?
per prima cosa il concetto di "non mi piace/non mi va" a casa mia era sconosciuto a mia madre, figurarsi a mia nonna ("se una cosa non ti piace, la devi mangiare lo stesso!")…la risposta di mia nonna al "non mi piace" era "ma come è possibile che non ti piaccia? è così buono!"
logica disarmante…
al contrario, esprimere un giudizio positivo su un cibo era pericolosissimo.
se per caso sfuggiva un "che buono, mi piace!"…da quel momento quel cibo veniva riproposto…in continuazione!!!!!
 
accadde con una torta bicolore, vaniglia e cioccolato.
ogni volta che andavamo da lei ce n’era una intera e tutte le mattine, quando andava a comprare il pane, ne prendeva un altro pezzo…. "questa è la torta che vi piace!" e non c’era modo di averne un’altra….e naturalmente non c’era modo di far capire che quella torta era buona, ma che il mondo era pieno di torte diverse da poter esplorare…
con il tempo mia nonna scordava tutto, persino la faccia di mio fratello ("chi è quel ragazzo che è passato e mi ha detto "ciao nonna"?" … "nonna…è M….mio fratello…."… "sei proprio sicura? non mi sembrava uno della nostra famiglia…"), ma non ha mai e poi mai dimenticato di comprare la torta di due colori.
 
non avendo avuto dimestichezza con nonni per un bel po’, tempo addietro mi sono distratta e ci sono ricaduta…
a pranzo dai nonni, le patate al forno si erano un po’ bruciate, con loro enorme mortificazione…
"poco male!" esclamo io tutta felice "a me piacciono le cose bruciacchiate!" e spazzolo le patate al limite della carbonizzazione.
beh, ci credete? da quel momento, tutte le volte che andiamo a pranzo dai nonni indovinate che cosa c’è di contorno?
 
patate, rigorosamente ben cotte, fatte apposta per me….
 
 

21 Maggio 2007

la gatta sul bus senza tetto

Filed under: Blog Notes — lagattasultetto @ 12:21 PM
 
venerdì mi ero presa un giorno di ferie, perchè la mattina avevo da fare alcune cose….speravo nel pomeriggio libero, invece mi sono ritrovata alle cinque del pomeriggio, dopo aver corso su e giu’ per roma, fatto la spesa, svuotato mezzo armadio, messo a posto non ricordo piu’ nemmeno che cosa, fatto un paio di lavatrici, carica si buste per la lavanderia!
bella giornata di ferie, mi sono detta, mi sarei stancata di meno andando in ufficio!
 
e allora ho deciso di fare un giro in centro….
 
quando stavo tornando a casa, mi accorgo che avevo parcheggiato il motorino…davanti a una delle fermate del 110 open!!!…che in quel momento stava passando alle mie spalle….
un attimo di indecisione…che faccio…vado, non vado, un’occhiata all’orologio…
 
vado!
 
e mi metto alla fermata ad aspettarlo…
 
arriva, puntuale (una corsa ogni dieci minuti e – incredibile – è vero!!!)…mi affaccio per salire e un’arcigna signorina mi dice che no, non può farmi il biglietto…è l’ultima corsa e il biglietto si fa solo a termini…io faccio uno sguardo così triste che l’autista sembra quasi sul punto di cedere…ma l’arcigna signorina è irremovibile "no! deve andare a termini!" [io ero a piazza venezia….era poco pratico e soprattutto inutile rincorrere l’autobus a termini, dove avrebbe comunque terminato il giro…]
fssssssst…la porta si chiude, io prendo il motorino e, mesta mesta, cone le orecchie all’ingiu’, me ne torno a casa…
 
ma faccio un proposito: domattina mi faccio il giro!
ed eccomi lì, alle dieci, a piazza venezia….
certo, c’è piu’ gente rispetto alla sera prima, così tatna che faccio in tempo a raggiungere un autobus, parcheggiare e legare il motorino, arrivare alla fermata, accodarmi a una comitiva di tedeschi e salire con loro…
 
mi piazzo tutta felice al piano superiore, posto finestrino….e si parte.
con me ci sono la comitiva di tedeschi (ai quali non posso fare a meno di raccomandare una pizzeria che scorgono dall’altro, cercano sulla guida, valutano…io, che in certe occasioni non riesco a tenere la bocca chiusa, mi permetto di raccomandargliela…insieme ad un altro paio di ristoranti che incrociamo sulla via), uno svariato e variabile numero di americani, che parlano fra di loro di quello che dorvanno fare tornando a casa, una badante cubana e la sua sostituta (sempre cubana) con il figlio, insieme alla signora della quale entrambe si sono prese cura e che chiamano affettusosamente mamita, pochi ragazzi (quelli salgono soprattutto dalle 11 in poi, si vede che escono piu’ tardi)
 
curiosamente sono forse l’unica con la macchina fotografica, l’unica che fa fotografie in continuazione ("vuoi la macchina fotografica?", chiede la signora americana al marito…"no, no…" fa lui)…ma forse hanno ragione loro, si godono il panorama.
io, che il panorama lo conosco, che so che cosa aspettarmi, mi diverto a guardare da un’altra prospettiva, a vedere i semafori da vicino, i palazzi a partire dal piano rialzato, a farmi portare in giro, a salutare i turisti e i romani "piacioni" (che mi scambiano evidentemente per una turista, avendo io al collo i badge del turista…..la macchina fotografica! )
 
ovviamente mi metto a chiaccherare con chi mi capita vicino…si stupiscono, ma nemmeno troppo, quando dico che io a roma ci vivo da anni, ma che mi andava di vederla con gli occhi del turista…provo anche ad ascoltare la spiegazione con le cuffiette in dotazione, solo che dovrei stare ferma, seduta, e soprattutto, laudio non è un gran che, tranne il canale in giapponese (credo), che però non è molto illuminante per me….
 
il giro dura circa un’ora e mezza e tocca i punti principali del centro di roma (pagando un po’ di piu’ si può salire e scendere…è comodo se si ha poco tempo a disposizione e si vogliono vedere le cose principali). i turisti si guardano intorno, dopo un po’ salta fuori qualche macchina fotografica….click! click! a san pietro, al palazzaccio (piace…), a via del corso…sguardi interrogativi alla fermata di piazza augusto imperatore ("che ci siamo fermati a fare qui???")
 
io scatto foto come una giapponese dall’inizio alla fine del viaggio, guadagnandomi una spiacevole sensazione di nausea (io soffro la macchina, avrei dovuto stare ferma e guardare avanti e non agitarmi in continuazione e voltarmi in tutte le direzioni in piedi)…scatto proprio le foto che volevo, le brutte foto da turista…l’autobus si muove e sobbalza, non posso pretender che si fermi per me per farmi fare quello che voglio…devo ancora rivederle per bene, sono oltre un centinaio, come ogni buona turista che si rispetti…
 
alla fine completo il giro, mi fermo a chiaccherare con l’autista e la signorina dei biglietti (decisamente piu’ carina dell’arcigna del giorno prima) che mi chiedono se ho fatto molte fotografie…..
quando sono scesa avevo voglia di fare la turista ancora per un po’….così mi sono messa l’ipod alle orecchie, per estraniarmi dai rumori conosciuti di questa città, e mi sono fatta una passeggiata per il centro di roma, cercando ancora di vederlo con gli occhi della turista, quasi tentata dal comprare le verdure al mercato di campo dei fiori e dal fermarmi a mangiare pizza e cappuccino (quasi…..).
 
mi sono ri-romanizzata con un caffè latte freddo, una rapida occhiata alla feltrinelli, una circumnavigazione del pantheon affollato di turisti…
ho ripreso il motorino e mi sono avviata verso casa…
 
lo che non è una vespa, ma girare per roma su due ruote fa sentire comunque un po’ sempre audrey hepburn in "vacanze romane", soprattutto quando si passa davanti all bocca della verità, anche se la città non è deserta e se non c’è gregory peck alla guida….
in certi posti, con una certa luce, basta poco per sentirsi in un mondo…fuori dal mondo
 
 
 
 
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